L' universo di Stalin e del Partito comunista. La cosmologia moderna in prospettiva sovietica
Secondo la teoria del Big bang l'Universo ebbe inizio 14 miliardi di anni fa a partire da un'esplosione catastrofica. Gradualmente elaborata dalla fine degli anni Venti in poi, la teoria dovette confrontarsi non soltanto con diverse alternative scientifiche, bensì anche con forti ideologie politiche. Una fu quella comunista sovietica, guidata, nella conoscenza della natura, dalla filosofia del materialismo dialettico. Sotto Stalin l'elite politica impose severe direttive ideologiche alla comunità scientifica, generando l'opposizione fra la scienza materialista, ritenuta autentica espressione dei valori del marxismo, e quella occidentale, spregiativamente definita idealista. La controversia si manifestò anche in cosmologia, scienza per sua natura sensibile agli interrogativi di fondo sulla realtà. Il Partito Comunista impose agli astronomi sovietici il modello di un Universo eterno e infinito, nonché la necessità di interpretare marxisticamente i dati. La teoria del Big Bang, sostenitrice di un inizio dell'Universo, fu stigmatizzata come pseudoscienza, frutto dell'alleanza occidentale fra borghesia e religione in chiave anticomunista. La repressione del dissenso attuata da Stalin, culminata negli anni Trenta ma proseguita fino al 1953, colpì duramente anche gli astronomi, con arresti e fucilazioni. Dopo il 1945, nel clima della Guerra Fredda l'opposizione sovietica alla cosmologia occidentale fu presentata come una forma di resistenza all'imperialismo. Con l'inizio della destalinizzazione (1956), ma sempre nel rispetto dei fondamentali dell'ideologia materialista, l'astronomia sovietica intraprese un nuovo confronto con la cosmologia occidentale, mettendosi al passo, specialmente nell'era della Corsa allo Spazio, delle più moderne ricerche del settore e contribuendo in maniera sostanziale al suo sviluppo teorico.
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