Dodici esempi di illusione
Secondo il pensiero buddhista, i fenomeni che percepiamo nel mondo e che costituiscono l’esperienza umana hanno, in ultima analisi, una natura illusoria: sono simili a un trucco di magia, alla luna riflessa nell’acqua, a un sogno, un’eco o un miraggio. La disquisizione sulle illusioni gioca un ruolo fondamentale nella letteratura della “Perfezione della saggezza”, perché quei testi affermano che fra l’esistenza dell’illusione e l’esistenza della sofferenza c’è una stretta correlazione. Nella visione buddhista, l’esistenza della sofferenza non è una caratteristica necessaria del mondo, né la conseguenza di un fatto specifico del passato (come, ad esempio, la caduta di Adamo), ma è dovuta piuttosto a un errore intellettuale che travisa il modo in cui le cose esistono. La sofferenza è prodotta da una visione errata del mondo, talmente inerente al nostro modo abituale di pensare che non siamo più consapevoli della sua natura prospettica. Westerhoff prende le mosse da un’enciclopedia tibetana del XVIII secolo ed esplora in modo approfondito ciascuno dei dodici esempi di illusione da essa elencati: le illusioni magiche, la luna riflessa nell’acqua, le distorsioni visive, i miraggi, i sogni, gli echi, la città dei gandharva, le illusioni ottiche, gli arcobaleni, i fulmini, le bolle d’acqua e il riflesso nello specchio. Il testo, caratterizzato da un linguaggio chiaro e accessibile a un vasto pubblico, si avvale dei contributi di numerose discipline, tra cui la filosofia e le scienze cognitive, la storia della scienza, l’intelligenza artificiale, l’ottica, l’economia e la teoria letteraria, gettando luce sulla complessa relazione fra realtà, apparenza, percezione e inganno. Penetrando a fondo nel significato di ognuna di queste immagini dell’illusione, si comprende meglio come lo scopo del buddhismo sia giungere a un completo cambiamento del modo in cui percepiamo e concettualizziamo i fenomeni. È la via per recidere l’ignoranza e dissipare ogni sofferenza.