Perché fidarsi della scienza?
Ripercorrendo la storia e la filosofia della scienza degli ultimi due secoli, Oreskes mette in dubbio l'esistenza di un unico, aureo metodo scientifico, ma non rinuncia per questo a difendere la scienza dai suoi detrattori. La superiore affidabilità delle tesi scientifiche deriva, nella sua visione, dal processo sociale che le produce. «S'intitola Possiamo fidarci della scienza? il nuovo libro di Naomi Oreskes. La risposta è affermativa: dobbiamo aver fiducia, ma forse non per le ragioni alle quali pensiamo di solito. Secondo l'autrice americana, il valore della scienza non sta nella sua utilità né in pretese certezze, ma nel modo in cui si raggiunge il consenso sui risultati» - Telmo Pievani, la Lettura«Come arriviamo alla verità? Come salvaguardiamo la conoscenza scientifica (e noi stessi) da chi la percepisce come una minaccia per i propri interessi? Con il suo lavoro pionieristico sulla negazione del cambiamento climatico e molto altro, Naomi Oreskes offre una prospettiva fondamentale su questi temi, che affronta di petto in questo libro chiaro e avvincente» – Naomi Klein«In un'epoca di fake news e fatti alternativi, in cui le opinioni e l'ideologia vincono sull'evidenza empirica e sul metodo scientifico, come deve rispondere la scienza? Il titolo di questo libro incredibilmente importante pone una delle domande più urgenti del nostro tempo, perché se non ci fidiamo della scienza l'umanità è spacciata» – Jim Al-Khalili, Fellow of the Royal Society, fisico e autore di Il mondo secondo la fisica e La fisica del diavolo«Perché fidarsi della scienza? di Naomi Oreskes dovrebbe essere letto da progressisti, conservatori, e da tutti coloro che stanno nel mezzo. È un libro importante, tempestivo e incredibilmente avvincente» – Elizabeth Kolbert, autrice di La sesta estinzioneI medici sanno davvero di cosa stanno parlando quando ci dicono che i vaccini sono sicuri? Dovremmo prendere in parola gli esperti del clima quando ci mettono in guardia sui pericoli del riscaldamento globale? Perché dovremmo credere agli scienziati quando i nostri politici non lo fanno? A partire da queste domande Naomi Oreskes costruisce una solida e avvincente difesa della scienza, mostrando in che modo il carattere sociale della conoscenza scientifica sia la sua forza più grande e la ragione migliore per darle fiducia. Ripercorrendo la storia e la filosofia della scienza degli ultimi due secoli, Oreskes mette in dubbio l'esistenza di un unico, aureo metodo scientifico, ma non rinuncia per questo a difendere la scienza dai suoi detrattori. La superiore affidabilità delle tesi scientifiche deriva, nella sua visione, dal processo sociale che le produce. Questo processo non è perfetto – niente lo è mai quando sono coinvolti gli esseri umani – ma Oreskes ci offre delle lezioni fondamentali proprio a partire dai casi in cui gli scienziati si sono sbagliati. È nel racconto di questi illuminanti «errori» che l'autrice ci accompagna in un viaggio appassionante tra alcune delle tesi più bizzarre e discutibili della storia della scienza: da quella dell'energia limitata, secondo la quale le donne non potevano dedicarsi agli studi e all'istruzione superiore senza indebolire le proprie funzioni riproduttive; a quella dell'eugenetica, i cui programmi statunitensi di inizio Novecento ispirarono la Germania nazista, promuovendo politiche che vennero interpretate come il coerente risvolto sociale della teoria darwiniana dell'evoluzione. Eppure, anche nei momenti di maggior diffusione di queste teorie, esisteva una comunità scientifica che non offriva il proprio consenso, e metteva in evidenza gli aspetti ideologici e gli interessi nascosti che si celavano dietro a quei risultati. Il punto è che la nostra fiducia non deve andare agli scienziati – per quanto saggi o autorevoli possano essere – ma alla scienza in quanto processo sociale, proprio perché garantisce il suo consenso solo dopo avere sottoposto le proprie tesi a uno scrutinio rigoroso e plurale.