La destra degli dei. Alain de Benoist e la cultura politica della Nouvelle droite
Fra le molteplici sembianze con cui si presenta, nell'estremo scorcio di Novecento, la destra radicale europea - antisistemica, nostalgico-reazionaria, cattolico-tradizionalistica, neorazzista, ultranazionalistica -, quella della Nouvelle droite francese spicca certo per gli atipici tratti di sincretismo e trasversalismo, ma soprattutto perchè il suo teorico Alain de Benoist vi ha assunto un ruolo paragonabile, per milizia intellettuale, escursione di interessi e ascendente esercitato, al magistero del solo Julius Evola. Di marca evoliana è l''apolitìa', la presa di distanza dalla 'politique politicienne' che contraddistingue il progetto di de Benoist e della sua "società di pensiero" di puntare, gramscianamente, all'egemonia culturale, sottraendo alla sinistra il suo terreno d'elezione, o meglio, elaborando una prospettiva metapolitica che sopravanzi e renda inoperante l'usurata opposizione destra/sinistra, senza cedere a derive liberali. Lungo un trentennio di pubblicistica incalzante, de Benoist declina in "ermeneutica della modernità" il suo punto di partenza filosofico: il ripudio del riduzionismo, ossia dell'attitudine a mettere "il mondo sotto equazione", le cui lontane origini vengono imputate al monoteismo giudaico-cristiano, mentre ne sono sventurati epiloghi i totalitarismi di ogni colore e la mondializzazione guidata dall'America. Come unico argine al trionfo del Medesimo, di tutto ciò che despecifica in nome di princìpi universali e astratti, de Benoist fa valere la logica antiegualitaria e neoidentitaria del 'differenzialismo' e dei suoi corollari, paganesimo, politeismo dei valori, concretismo. Un'idea di coappartenenza di terra, uomini e dei che incrocia e aggiorna temi topici della tradizione di destra con le ultime propaggini delle ideologie 'post'.
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