La città delle reti. Forme di governo nel postfordismo
Il libro cerca di rispondere ad alcune domande poste dal precedente lavoro sul 'Neoregionalismo': se l'economia è sempre più arcipelago connesso da flussi in ogni direzione, e l'impresa una rete senza precisi confini, quali forme di governo sono ormai pensabili e realizzabili? E le forme a rete, vincenti in economia, come si coniugano con una forma di potere politico che tende ancora e sempre alla gerarchia?Insoddisfatto delle risposte fornite dalle scienze sociali, l'autore ha cercato - e trovato - un paradigma intermedio tra l'individuo e la totalità: la rete appunto, intesa come connettore sociale in concorrenza sia col mercato sia con la gerarchia. L'idea è che l'individuo sia oggi, anziché 'uomo economico' o 'uomo democratico', essenzialmente 'uomo delle reti' dalle molteplici appartenenze; e che le istituzioni di governo, plurime e a molti piani, da lui abitate tendano a configurare una 'città delle reti'. La città è vista qui non tanto come 'urbs' (città fisica) quanto come 'civitas' (citta politica), e la dimensione del fenomeno che più interessa è quella politica, del governo delle molte reti cui apparteniamo contemporaneamente. La città assume allora un ulteriore significato: essa è un 'ordine morale', o anche uno spazio pubblico, luogo d'incontro tra individui e norme, tra identità e cittadinanza. Attraverso le nuove forme di 'network governance', le reti sono chiamate a fornire cittadinanza, a permettere il gioco degli interessi, a federare autonomie. Le reti di governo e il governo attraverso le reti sono una risposta alla crisi della forma politica per eccellenza, lo stato.