La rivoluzione copernicana di Kant

La rivoluzione copernicana di Kant

Ripensare i pensieri di Kant, e non soltanto 'rileggerlo' o commentarlo, come vorrebbero ermeneutiche meno rischiose. Ecco l'intento di Bencivenga nell'accostare il filosofo della rivoluzione concettuale moderna, emulo dichiarato di Copernico. Un intento di evidente eterodossia, che aggira e sovverte in primo luogo i collaudati protocolli della 'Kant-Kritik', e non esita a contraddire alcuni giudizi di Kant medesimo sul rilievo delle diverse parti della sua opera. L'oscurità che stuoli di studiosi hanno imputato alla "Critica della ragion pura" - architettura lambiccata, pecche di stile, equilibri epistemici instabili - viene qui ricondotta alla "particolare mistura di conservatorismo e di radicalismo" dell'impresa critica, ossia alle tensioni e ai conflitti necessitati da un pensiero che si andava riorientando "da ciò che sappiamo a ciò che possiamo sapere e infine a ciò che il sapere in se stesso è". Più dell'articolazione esplicita della nuova filosofia trascendentale, teoreticamente emendabile, furono rivoluzionari gli effetti che un tale cambiamento di prospettiva (di paradigma, in termini kuhniani) ebbe sull'esperienza conoscitiva umana, scuotendola da un "modo di pensare - dice Kant nei 'Prolegomeni' - divenuto, per lunga abitudine, natura".
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