I frutti puri impazziscono. Etnografia, letteratura e arte nel XX secolo

I frutti puri impazziscono. Etnografia, letteratura e arte nel XX secolo

Il verso di William Carlos Williams che dà il titolo al libro introduce metaforicamente al nodo della questione. Come il grande poeta americano, l'autore, e noi tutti, ci troviamo in una condizione di "modernità etnografica": etnografica perché ci sentiamo spiazzati in mezzo a tradizioni frammentate; modernità perché lo sradicamento e l'instabilità che ne risulta sono sempre più un destino comune. Siamo presi insomma tra disgregazione culturale locale e un futuro collettivo che - va subito precisato - Clifford non vede affatto come catastrofe da deprecare mentre ci si lagna della perdita di una passata autenticità e purezza. Al contrario, da tutti i saggi che compongono il libro, la "modernità etnografica" emerge come indefinita ricomponibilità della moltitudine di oggetti culturali uscita dalla frammentazione delle tradizioni in strutture dotate di nuovo senso. Come nel caso del surrealismo, cui è dedicato un saggio importante che, a partire dalla passione per l'"art négre" tra le due guerre, mette in evidenza le comuni motivazioni che ispiravano allora artisti ed etnografi. La novità del libro consiste appunto nel fatto che l'attività di questi ultimi - degli 'scienziati' - è vista come parte della generale storia intellettuale della modernità, e soprattutto come produzione letteraria attraverso la quale si ristruttura la coscienza dell'Occidente. Una storia in cui rientrano la fondazione del Musée de l'Homme e la spedizione transafricana Dakar-Gibuti, ma anche una suggestiva lettura parallela di Conrad e Malinowski, oltre che saggi su Segalen, Leiris, Césaire e la discussione di "Orientalismo" di Edward W. Said.
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