Arte del descrivere: scienza e pittura nel Seicento olandese

Arte del descrivere: scienza e pittura nel Seicento olandese

Svetlana Alpers ha scritto un libro di grande ambizione teorica: per la prima volta il rapporto tra scienza e attività artistica non è solo asserito, ma dimostrato. La storia dell'arte, dice la Alperas, si è costituita attorno a un grande fenomeno, l'arte italiana del Rinascimento. A sua volta la critica d'arte, in particolare l'iconografia e l'iconologia del filone Warburg-Panofsky-Gombrich, ha costruito le sue categorie per interpretare l'arte italiana del Rinascimento. Ma questa non è 'tutta' l'arte né è identificabile con l'arte 'nordica'. L'arte italiana e narrativa, nel senso che dà consistenza visiva a quel che si trova scritto nei libri, nella storia sacra e nelle leggende degli antichi. L'arte nordica, e quella olandese in particolare, è invece descritta, nel senso che rappresenta la realtà così come essa è. Il passaggio dalla forma italiana alla forma olandese di pittura ha per la Alpers ragioni culturali e sociali (nell'arte olandese non c'è un committente, ma un mercato per il quadro già fatto), e soprattutto scientifiche (una filosofia della natura 'oggettistica' e l'elaborazione dell'ottica kepleriana).L'incanto speciale del libro è nella duttilità con cui questo assunto teorico si spiega agli aspetti più segreti e in apparenza più marginali della pittura olandese del Seicento: la presenza costante dei nuovi strumenti ottici, l'amore per l'illustrazione documentaria, la passione calligrafica e soprattutto cartografica, che culmina nelle grandi carte di Vermeer. E se Vermeer è il compendio e il vertice di questa civiltà figurativa, Rembrandt è l'antagonista, il grande isolato immerso in un sogno metafisico nel vivo di una società mercantile e in fondo epicurea, mai sazia di contemplare le meraviglie del visibile e di perseguirne, borghesemente, il possesso.
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