La tribù occidentale. Per una nuova teoria critica
A partire da una riflessione molto matura, finemente articolata ma non schiacciante per il lettore sulla modernità, sull'Occidente, la proposta di una via di uscita dalla contrapposizione corrente tra una tesi, troppo ottimistica, che vede la onnipresenza della comunicazione e il caleodoscopio delle differenze come un destino planetario (la 'società trasparente' di Vattimo) e una tesi pessimistica, quella dell'assorbimento di ogni differenza (l"omologazione" di Pasolini).Genovese muove dalla realtà della commistione delle culture, in Africa come nella più familiare Calabria, per negare sulla base della compresenza di passato e presente, di Occidente e altro da esso la modernità come destino, esito di un processo che ha la sua radice nell'illuminismo.Proprio per sciogliere il paradosso per cui l'illuminismo, con tutto il suo universalismo, resta "tribalmente" occidentale, Genovese introduce una prospettiva antropologico-culturale (di qui il titolo) al fine di rilanciare l'autocritica dell'illuminismo al di là del suo nucleo originario, da Nietzsche alla Scuola di Francoforte. Egli prospetta così una forma di scetticismo che, come il pensiero debole, rinuncia all'idea di ragione oggettiva ma, a differenza di esso, intende ritrovare l'impegno: un "impegno scettico", appunto, che Genovese contrappone alle ideologie 'deboli' correnti.
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