La solitudine del riformista

La solitudine del riformista

Difficile nell'Italia dei due scorsi decenni la posizione del riformista, stretto tra l'ormai stanca critica mossa da sinistra di essere puntello del "sistema" e il ben più aggressivo ritorno di una ideologia neoliberale di generica esaltazione del mercato. Due retoriche contro le quali ben poco ha potuto quella "fiducia nella forza delle idee" ostinatamente difesa dall'autore, forte soltanto di una cultura che può richiamarsi insieme a John Maynard Keynes e a Luigi Einaudi. Per tutti gli interventi qui raccolti, da molti giudicati tra le cose migliori di Caffè, corre come una nostalgia di buongoverno, nel quale in fondo s'identifica per lui "quel tanto di socialismo realizzabile nel capitalismo conflittuale" che egli rimprovera all'opposizione politica e sindacale di sacrificare alla ricerca del consenso. La difesa dello "Stato del benessere" negli anni feroci e disinvolti della crisi e della ristrutturazione economica si traduce qui in una testimonianza storica insostituibile su errori e omissioni ai quali in buona parte risalgono le difficoltà e i problemi del presente.
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