Il destino del libro e altri destini
Le caratteristiche di molti settori produttivi si sono ormai uniformate al modello di efficientismo rappresentato dal mercato americano. L'editoria non si è sottratta a questa irresistibile spinta, che muove da istanze razionali ma i cui esiti, se non controllati, possono rivelarsi infausti. Il fine di ogni impresa è quello di produrre 'utilità', e non avrebbe senso assegnare all'impresa editoriale uno statuto diverso o negare al libro la sua natura di 'prodotto'. C'é però una regola da osservare, innanzitutto in termini di cultura d'impresa, ed è quella che impone di rispettare la 'specificità del prodotto'. Questa regola viene spesso violata, e non soltanto negli Stati Uniti. Vendere libri, oggi, è sostanzialmente un fatto di comunicazione. Ma l'informazione e la funzione critica vengono spesso soppiantate da campagne pubblicitarie e promozionali che costituiscono trends a tavolino; la celebrità viene fabbricata artificialmente e pochi allevano autori o considerano il libro uno strumento di conoscenza.L'editoria è un'industria atipica, un piccolo settore che non ha il potere economico e politico di proteggersi da solo: cosa accadrà se distruggerà un 'prodotto' che ha dignità e vita propria solo quando alle spalle ci sono creatività e umanità, e invita a una riflessione sul ruolo del libro in un'epoca dominata da un'"informazione continua" che sta imponendo alla cultura di governare 'con' la società.
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