La guerra di tutti. Populismo, terrore e crisi della società liberale
Con questo secondo libro Raffaele Alberto Ventura si conferma un autore fondamentale per comprendere il nostro presente, armato del coraggio di svelare gli arcana imperii dietro le consolazioni e le illusioni che non funzionano più. «Stavolta sembra che la qualifica di disagiato possa essere estesa all'intero Occidente: la crisi - economica, politica, persino psicologica - ha fatto crollare l'ideologia che teneva in piedi le società liberali, e la guerra di tutti contro tutti potrebbe essere già scoppiata» - Michele Gravino, Il Venerdì Uno spettro si aggira per l'Europa, lo spettro della guerra civile. Continuamente evocata e rimossa, riaffiora come ipotesi a ogni esplosione di violenza terrorista, a ogni rivolta di piazza, a ogni successo delle forze populiste. Soprattutto, la guerra civile rischia di essere una profezia che si autoavvera: perciò questo libro non avrebbe mai dovuto essere scritto, perciò questo libro non poteva non essere non scritto. Raffaele Alberto Ventura ci guida in un viaggio in mezzo alle rovine sontuose della società del benessere: incrocia moti di piazza liberamente tratti dai film di Hollywood, ascolta supereroi che discutono di filosofia e guerriglieri formati su YouTube, riscopre autori dimenticati e invece centrali per questo nuovo evo, s'intrattiene con complottisti adoratori di Rihanna, principessa degli Illuminati – dal comico al tragico, il passo è breve. Dopo «Teoria della classe disagiata», la lotta è diventata planetaria. Credevamo che la società liberale fosse la continuazione della guerra di tutti contro tutti con altri mezzi; ora si fa forte la sensazione che i mezzi siano esattamente gli stessi. Nessuna civiltà ha mai spettacolarizzato tanto il benessere e nessuna mai ha subito con tanta durezza l'effetto del risentimento che sale quando le promesse non vengono mantenute: trionfano le passioni tristi, gli odi intracomunitari e le teorie del complotto. Dopo aver amministrato per decenni il consenso fabbricando sogni e bisogni, l'industria culturale è ridotta a una macchina produttrice di paranoia. Ma come non essere paranoici quando ci accorgiamo che le categorie politiche su cui si è fondato per secoli l'ordine sociale sono diventate finzioni? La Democrazia è soltanto un ideale, il Popolo una costruzione filosofica, la Giustizia la legge del più forte, la Verità un compromesso fragile tra visioni del mondo. Dobbiamo elaborare il lutto e una strategia di convivenza, perché abbiamo davanti la minaccia di una scalata agli estremi e un radicale rifiuto dei «fatti assodati» che rischiano di distruggere il corpo sociale. Siamo accerchiati tra la violenza dell'universalismo e i ricatti delle minoranze, dobbiamo quindi riscoprire il valore della tolleranza; ma questo significa anche prepararci a «tollerare l'intollerabile».
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