Il pieno di felicità
Questo libro racconta un tempo veloce e sospeso, tra decisioni, esitazioni e progetti di vita continuamente da rivedere. Racconta cosa accade quando, a trent'anni circa, non si riesce a trasformare, per responsabilità personali e destini generali, l'educazione, l'affetto e il supporto ricevuti in un lavoro stabile, in un'identità compiuta. Cecilia ha studiato quel che le andava, si è laureata e poi ha continuato ancora a studiare. Insieme al fidanzato è finita a Coventry, una cittadina inglese dove si barcamena tra lavoretti e tentativi di proseguire la carriera universitaria. Ma non ci vive sul serio a Coventry, perché non perde occasione di spostarsi, tornare con un volo low cost a Bologna, la città degli studi e delle passioni, e nella provincia padana, a lungo rifiutata ma divenuta, a distanza, desiderabile. O anche di andare a Londra, per un lavoro di tre mesi e poi per un dottorato di tre anni, e dai molti amici (o Airbnb) che la accolgono e le fanno intravedere per qualche giorno la possibilità di una vita parallela – a Barcellona come a Helsinki e Berlino, in un'Europa per lei ancora senza muri. Il polo magnetico di questo girare tra incontri, piazze, concerti è quel «pieno di felicità» di una vecchia canzone dello Zecchino d'oro che la protagonista aveva creduto raggiungibile, perché i suoi desideri le erano sembrati realistici, e che deve invece imparare a ridimensionare, adattare ai tempi della «classe disagiata» e di una inquieta lotta quotidiana. Cecilia, infatti, non si limita a subire il presente, lo interpreta da dentro, con ironia, e lo vive, nelle pieghe e negli interstizi, nelle incertezze che talvolta si trasformano in occasioni.
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