Il ritorno di Martin Guerre. Un caso di doppia identità nella Francia del Cinquecento
L'astuto contadino Arnaud du Tilh aveva quasi persuaso i dotti giudici del tribunale di Tolosa, quando, un giorno dell'estate 1560, nell'aula della corte entrò spavaldamente un uomo con una gamba di legno, denunciò Arnaud e rivendicò la sua identità, la sua proprietà e la moglie di Martin Guerre. Questo caso giudiziario straordinario catturò l'immaginazione del continente e per secoli e stato narrato e rinarrato tanto da diventare leggenda, ancora ricordata nel villaggio dei Pirenei dove l'impostore fu impiccato più di 400 anni fa. Una delle più celebri storiche americane, Natalie Zemon Davis, fu ingaggiata come consulente per il film "Il ritorno di Martin Guerre" (con Gérard Depardieu e Nathalie Baye, 1983, tre premi César) e condusse una lunga ricerca negli archivi e sui libri di legge del tempo per aggiungere ulteriore profondità a una storia assai misteriosa. Da questi studi nacque anche il libro. Come poteva diventare un impostore un uomo del Cinquecento? Perché Bertrande de Rols, un'onesta contadina, accettò un tale uomo come marito? Perché avvocati, poeti e letterati, come Montaigne - che assistette al processo -, furono così affascinati da questo episodio? L'Autrice ricostruisce le sensibilità e i desideri degli abitanti illetterati di un villaggio di campagna. Uomini e donne che cercano di costruire la propria identità in un mondo di idee tradizionali sulla proprietà e sulla famiglia e con idee sulla religione che vanno mutando. Impariamo cosa succede quando persone comuni sono coinvolte nel funzionamento di una corte penale del Cinquecento, e come i giudici faticano a decidere chi quell'uomo sia in un'epoca in cui impronte digitali e fotografie non esistevano. Addirittura ci fa sentire la segreta affinità tra gli eloquenti uomini di legge e l'impostore dalla lingua veloce e melliflua, un raro caso di identificazione che ignora le barriere di classe. Tradotto nel 1984 per i tipi di Einaudi, e da tempo esaurito, viene ora riproposto nella collana "Storie". Postfazione Carlo Ginzburg.