Il sorcio nel violino
La vita di Bruno Barilli fu segnata dalla «musica scritta» e Il sorcio nel violino, pubblicato nel 1926 a Milano nei “Fascicoli musicali” della Bottega di Poesia, è un episodio nodale di quel percorso: una tappa anche inestricabile dagli altri due libri musicali dell’autore – Delirama del 1924 e Il paese del melodramma del 1930 – per la ragione che il giornalista Barilli fu autore di una messe di articoli che, variamente tagliati e ricomposti, finirono col comporre i capitoli dei suoi libri. E quei capitoli transitarono da un’opera all’altra. Ora, al fondo dei suoi tanti pezzi sta, come basso continuo, la sonorità, il fenomeno fisico che si eleva nei luoghi predisposti al rito, i teatri d’opera e le sale da concerto. Non solo: il suono è per Barilli anche quello della prosa che, alimentata da una vivida fantasia, si snoda nervosa tra immagini, metafore e abbaglianti virtuosismi. E così, alla fine, ciò che fa del Sorcio un bel libro è la cifra stilistica dell’autore. A leggere queste pagine si viene innegabilmente proiettati in fatti musicali, ma narrati in un certo modo. Anzi: in un certo straordinario modo.