Tondelli: scrittore totale. Il racconto degli anni Ottanta fra impegno, camp e controcultura gay
Pier Vittorio Tondelli (Correggio, 1955-1991) fu uno scrittore "luridamente blasfemo" o "ispirato dalla grazia di Dio"? Le sue opere sono state omofobiche, simbolo di edonismo e frivolezza, o un esempio pop e camp di impegno sociale e controcultura gay? Come mai tutte le principali testate culturali cattoliche, così come illustri esponenti del movimento Lgbtq+, sono ossessionati dalla figura e dalle parole di Tondelli? Sciltian Gastaldi ha dedicato sette anni di studio a uno dei maggiori autori italiani del Novecento - il cantore degli anni Ottanta, il figlio anomalo del Settantasette bolognese, il primo di un romanzo sull'Aids - dando una risposta a queste domande. Ne viene fuori un Tondelli che non solo rientra a pieno titolo nella "littérature mineure" politica descritta da Gilles Deleuze e Félix Guattari, ma è anche il formidabile alfiere di quella cultura camp che si rifà al libertinismo illuminista per "dare voce a chi non ha voce": emarginati, tossicodipendenti, transessuali, coppie gay, giovani. Un intellettuale cosmopolita a tutto tondo, sagace penna del suo tempo, proposto qui nell'abito che gli è proprio: quello di "scrittore totale".
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