Villa del seminario
Maremma toscana, novembre ’43. Le Case è un borgo lontano da tutto. Vista da lì, anche la guerra ha un sapore diverso; perlopiù attesa, preghiere, povertà. Inoltre si preannuncia un inverno feroce... Dopo la diramazione della circolare che ordina l’arresto degli ebrei, ecco la notizia: il seminario estivo del vescovo è diventato un campo di concentramento. René è il ciabattino del paese. Tutti lo chiamano Settebello, nomignolo che si è tirato addosso in tenera età, dopo aver lasciato tre dita sul tornio. Oggi ha cinquant’anni. Schivo, solitario, taciturno. Niente famiglia. Ma c’è Anna, l’amica di sempre, che forse avrebbe potuto essere qualcosa di più... René non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. In realtà, non ha mai avuto il coraggio di fare niente. Le sue giornate sono sempre uguali: casa e lavoro. Rigare dritto. Anna ha un figlio, Edoardo, tutti lo credono al fronte. Un giorno viene catturato dalla Wehrmacht con un manipolo di partigiani e fucilato sul posto. La donna è fuori di sé dal dolore, adesso ha un solo scopo: continuare la rivoluzione. Infatti una sera sparisce. Lascia a René un biglietto, poche istruzioni. Ma ben presto trapela l’ennesima voce: un altro gruppo di ribelli è caduto in un’imboscata. Li hanno rinchiusi là, nella villa del vescovo. Tra i prigionieri pare che ci sia perfino una donna... Settebello non può più restare a guardare.Proposto da Paolo Petroni al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione: «Un libro che, riportando alla luce un dimenticato, curioso, vergognoso fatto del nostro passato, ha un suo valore che si aggiunge a quello letterario, alla limpida scrittura dell’invenzione del personaggio e la storia di René e della sua presa di coscienza nell’ultimo periodo della guerra e del fascismo. Per questo, ho deciso di candidarlo al Premio Strega.[...] La lotta di René è personale e infida, legata al suo mestiere che lo costringono a continuare anche in carcere, assistendo a torture, vessazioni, umiliazioni, partenze di convogli, mentre intorno tutti sembrano impazzire in un gioco quasi onirico, notturno di lamenti e urla tra verità e simulazioni, e la situazione si fa più ambigua e precipita con l’avvicinarsi degli americani liberatori. Una scrittura chiara, vera, pulita, quella di Naspini, che nel finale Venti anni dopo riferisce anche come si sono trasformati nel dopoguerra alcuni dei personaggi, quelli storici coinvolti nel racconto, mentre in René, ma anche nel giovane, imprudente, irrequieto Simone che si ritroverà sempre accanto a René, si sentono gli echi della presa di coscienza del suo amato Pereira di Tabucchi, come confessato nelle ultime pagine.»