Roberto Longhi nel vivo dell'arte del '900
Ho sempre inteso Longhi, fin dai primi approcci, come una sorta di Pinocchio geniale della storia dell'Arte mondiale, creatore, finanche, dispettoso, con un estro e un intuito ineguagliabile a tutt'oggi. Tra le tante immagini iconografiche più note di Longhi ho scelto quella dimessa, mentre gioca a bocce con i cari amici Messina e Carrà, con in testa quel cappellino di carta che tanto può assomigliare a quello di "mollica di pane" che Geppetto aveva fatto al suo Pinocchio, e, inoltre, lo sguardo socchiuso e quella smorfia arguta sorniona che rivela tutto il senso acuto e beffardo di Longhi. Quando studiavo sui testi "longhiani", a volte, quei testi mi facevano fantasticare e immaginare l'autore sulle note di una famosa canzone: Bamboleo cantata divinamente da Josè Feliciano. A cinquant'anni dalla morte del grande maestro degli studi di storia dell'arte ho ritenuto doveroso rendergli omaggio, umilmente, rimettendo insieme i miei testi di argomento strettamente "Longhiano". In fondo, la scoperta di Longhi, per me è stata analoga, con le dovute proporzioni del caso e della storia, a quella che fu per Pier Paolo Pasolini, laddove il grande intellettuale aveva scoperto in Longhi "la rivoluzione" nel "suo lessico" e "la completa novità" nell'"ironia" che " non aveva precedenti" insieme alla "sua curiosità" che "non aveva modelli". Prefazione di Mina Gregori. Con uno scritto di Carlo Bertelli.
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