I vagamondi. Scrittori in bicicletta
La bicicletta era il veicolo più diffuso alla fine dell’Ottocento. Lo è ancora oggi e lo sarà anche domani per un’umanità assediata dalla crisi energetica e dall’inquinamento. In questo libro, con la consueta leggerezza, Claudio Gregori esplora passioni e peripezie ciclistiche di poeti e scrittori, da Salgari a Conan Doyle, da Fallaci a de Beauvoir, ciascuno testimone di un mondo che cambia, e di una pedalata da ricordare. Si comincia dalle origini, dai primi bicicli alti come cavalli, domati a fatica da Twain e immortalati nei racconti di Leblanc, il papà di Lupin. E si arriva ai nostri giorni: al teatro di Beckett, che diede alla sua creatura più celebre il nome di un pistard; fino all’intervista più lunga nella storia del ciclismo, firmata da quel genio di García Márquez. Certo, si parla di gare, di Giro e Tour, con Colette e Buzzati. Ma si lotta anche per la vita con Zola e Quiroga. Si sorride con Jerome e Jarry. Si pedala con fervore insieme a Gadda e Pasolini. Brera – inventore di neologismi, tra cui il bellissimo «vagamondo» – ha scritto che nell’ammorbante fracasso dei motori «veder pedalare in serena scioltezza uomini e donne affiancati desta cordiale ammirazione, incoraggia sinceramente a vivere». Una frase che si sposa bene con un’altra, attribuita a H.G. Wells: «Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta, non dispero più per il futuro della razza umana».
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