La valle inferna
Isabella Morra visse tra il 1420 e il 1445 nel feudo di Favale, in un castello sperduto nel sud dell'odierna Lucania. Di lei si hanno poche notizie, raccolte da Benedetto Croce in una breve memoria, oltre a tredici componimenti poetici, che solo formalmente seguono la moda del petrarchismo; infatti, invece della tenue elegia che dipinge una natura idilliaca, o amori cantati secondo i canoni cortesi, le sue liriche esprimono con forza le passioni che la tormentano. La speranza che il padre (un barone esiliato presso i Medici di Francia per motivi politici) torni un giorno a prenderla per portarla con sé a Parigi, e la liberi così dalla prigione che per lei rappresenta il luogo sperduto e selvaggio in cui è costretta a vivere, è uno dei temi ricorrenti nei suoi versi. Inoltre vi si leggono ansia di fuga, desolazione, rabbia per la malasorte che la condannava a una vita deprivata di affetti e di esperienze. E soprattutto vi è sempre presente la frustrazione che le derivava dal non poter essere apprezzata per il proprio talento. La natura aspra e desolata che si tratteggia in queste liriche fa da correlativo oggettivo ai sentimenti della poetessa. Anna Paola Sanna racconta di una giovane donna così come emerge dalle stesse sue rime, scritte nei momenti di euforia o in quelli di disillusione, nell'ansia di una risposta che non arriva, o in un nuovo progetto di fuga. Fino all'epilogo tragico, al delitto che purtroppo mise fine alla sua vita a soli venticinque anni.
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