Aver cura della vita. Dialoghi a scuola sul vivere e sul morire
Di quale parola, di quale ascolto può farsi capace la scuola di fronte all'esperienza del soffrire e del morire? Una parola che non voglia spiegare né risolvere ma sappia custodire domanda, singolarità, cura e dedizione. In una scuola che sia comunità di ricerca e comunità di senso, crocevia delle diversità, dei radicamenti e delle storie: aperta, rispettosa, esigente. Che permetta anche l'elaborazione del dolore. Crescere è tracciare vie tra il sapere e l'enigma, coltivare senso della consegna, vivere il corpo a corpo tra amore e giustizia. Come molte donne e molti uomini - vulnerabili e non innocenti e pure giusti - mostrano e hanno mostrato nel tempo. "Aver cura della vita" richiama a uno stile di ricerca più raro di quello solitamente praticato nei luoghi formativi; indica percorsi narrativi ed ermeneutici che costruiscono interpretazioni, responsabilità e prossimità attente e competenti. Percorsi nei quali è fondamentale ciò che avviene tra le generazioni, nei pensieri, negli ascolti. Con la vita che fiorisce e patisce, che finisce e che si rigenera.