Tecnecrate. Dialogo
In una piazza di Siracusa, all'inizio del IV secolo a.C., due personaggi dialogano: Tecnecrate (in greco "potere dell'arte"), vecchio cieco mendicante, e Theoutimene (in greco "ciò che rimane di Dio"), nipote del tiranno Dionigi. Nel dialogo è narrata la vita di Tecnecrate che, da fenicio di Mozia, cambia la sua matrice etnica diventando greco. La vita di Tecnecrate è particolarmente tragica perché si ribella, prima, alla tradizione etnica fenicia, comunicando ai greci il segreto della fusione dell'acciaio, poi alla tradizione etnica greca, scolpendo la statua dell'Efebo di Mozia per i fenici. Gli dei fenici, prima, e gli dei greci, poi, si vendicheranno di lui, fino a costringerlo ad auto-accecarsi e a vivere da mendicante a Siracusa. La sua storia, però, serve a Theoutimene per conoscere l'orrore e accompagnare la liberazione dell'essere umano dalle tradizioni che lo costringono.
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