La pacchia. Vita di Soumaila Sacko, nato in Mali, ucciso in Italia

La pacchia. Vita di Soumaila Sacko, nato in Mali, ucciso in Italia

«Scrivo di un uomo che non esiste più, di un’ingiustizia che dura.» «Bisogna leggerlo con attenzione questo libro che, inseguendo inesorabilmente lo svolgimento dei fatti, ha dentro di sé la forza della cronaca più implacabile» – Il Venerdì Il 2 giugno 2018, festa della Repubblica, in una fornace abbandonata nelle campagne calabresi, un giovane africano viene ucciso con una fucilata alla testa. Si chiamava Soumaila Sacko, aveva 29 anni, veniva dal Mali. Con due amici stava raccogliendo lamiere per tirar su una baracca nel ghetto dei braccianti neri della piana di Gioia Tauro. Proprio quel giorno, mentre il giovane viene colpito a morte, Matteo Salvini, appena nominato ministro dell'Interno, scandisce in un comizio a Vicenza il suo slogan contro gli immigrati: «La pacchia è finita». Rimbalzando nell'estremo Sud, quella frase diventa il sigillo tragico e beffardo sulla morte di un uomo che, come migliaia di altri africani, lavorava per una paga da fame in un'Italia dove molte sono le pacchie, e nessuna ha per protagonisti i migranti.
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Recensione del libro fornita da lottavo.it

Valentina Di Cesare

Nel giugno 2014, i suoi piedi toccano il suolo italiano per la prima volta, dopo un viaggio lungo, pericoloso, straziante, uno di quei viaggi di cui i più preferiscono non sentir parlare, per non fare i conti con nulla e sentirsi assolti. E’ Taranto la sua porta d’ingresso per l’Italia: viene recuperato a largo, per fortuna ancora vivo, dalle navi della Marina Militare...

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