Né luna né santi
Innocenzo Misseri, meglio noto come padre Nuccenzio, arciprete di Torrebruna, provincia di Palermo, viene ucciso davanti a casa sua, una sera primaverile del 1920. Tra lo sgomento dei parrocchiani emerge che il religioso, nelle sue ultime ore di vita, avrebbe riconosciuto come esecutore il giovane bracciante Stefano Piscopo. Ma la comunità stenta a credere che possa trattarsi del vero assassino. A interessarsi al caso anche il ferroviere Francesco Marretta, impiegato nella stazione locale, che conosce molto bene sia Stefano che il territorio in cui sono cresciuti. Torrebruna non è nuova ai misfatti né alle perdite, lo scopriamo man mano che Francesco sgrana le pagine del suo diario, che si aprono come scene in teatro: la sala del barbiere, l'interno giorno tra sarta e apprendista, i nudi scalini sotto casa sono tutte occasioni di passaparola che alimentano le ipotesi sul "chi" e sul "perché" che gravano sulla morte dell'arciprete. A chi potrebbe avere "dato fastidio"? L'ago non può che oscillare tra la vendetta personale e la "nuova mafia". Francesco delinea così la fisionomia di una società dominata dal latifondo, falcidiata dall'emigrazione oceanica, dall'epidemia di spagnola e dalla Grande guerra, in un momento storico in cui - per dirla con Tommaso Bordonaro - "la genti moriva accatastrofi". Compresi i preti. Prefazione di Nicola Grato. Postfazione di Bernardo Puleio.
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