Casa di morti
«"Casa di morti" è un romanzo mito-biografico, perché si tratta di una biografia, più che romanzata, mitizzata, dell'autrice, la quale riassume in sé un'antichissima schiatta, austera, dignitosa, profondamente fiera dei propri valori, tra i quali spicca primario quello della cultura. La lotta secolare per emanciparsi passa nel racconto proprio attraverso il sacrificio, il lavoro, la scuola, lo studio, la lettura e la scrittura, valori ai quali la famiglia dell'autrice ed essa stessa hanno sempre creduto e che hanno a lungo perseguito, fino a giungere al momento attuale, forse il migliore dell'intera loro storia, nonostante la decadenza del mondo, che assiste al proprio sfacelo senza pressoché alcuna reazione. La denuncia del crollo della società e della Storia del Villaggio è il vero cuore del romanzo, che ripercorre le vicende di una famiglia come esemplare della storia di tante altre famiglie, con l'intento di salvare dall'oblio la vita degli ultimi, coloro che non hanno storia e non hanno parola, che si dibattono nei brevi giorni della loro esistenza e poi si addormentano nel sonno perenne della dimenticanza, quasi non fossero mai venuti al mondo. Il romanzo si compone di due parti: in una lingua ricchissima, barocca e sovraccarica, dilagante come un magma incandescente, nella prima parte si rievocano gli ultimi due secoli della storia della Sardegna, tra Ottocento e Novecento, nella persona e nelle vicende degli antenati più prossimi. Nella seconda, come in una ideale galleria di ritratti, sfilano i personaggi che hanno compiuto la meravigliosa e generosa opera di donazione di sé, per permettere alla stirpe di perpetuarsi, affidando all'Estrema Discendente, anche grazie alla memoria orale degli antichi cantori della sua famiglia, il compito di narrarne le vicende attraverso la scrittura. La conclusione è inconclusa, come la vita stessa, che prosegue oltre l'umana esistenza, senza fine. "Casa di morti" è il libro di tutte le stirpi, le generazioni dei Farjas mescolate ad altre di più o meno nobile ascendenza che si succedono per circa due secoli nella storia del Villaggio. Il tempo storico della narrazione inizia con la guerra di Crimea, da cui tornò l'Antenato, fondatore della stirpe, e termina con la diaspora in Toscana, alla fine degli anni Sessanta del Novecento, della famiglia dell'estrema Discendente', ossia la narratrice. La narrazione è popolata di corpi e soprattutto di anime, quelle che abitano la casa-palazzo nella parte alta del Villaggio, luogo di acque che diventano, quando si scatena la tempesta, portatrici di morte... Ci sono i generatori di stirpe ma anche quanti non hanno avuto né potuto avere figli, il Padre e la Madre, il pastore e l'ancella, il rancore come moneta di scambio, la fatica, il dolore, i silenzi e la solitudine, mitissime e terribili Parche, vestali caste e spose feroci...» (Natalino Piraso)
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