Primo libro delle profezie
I giornalisti sono soldati che stanno in trincea e lanciano allarmi su quello che vedono. Fuori è una notte senza luna, attraversata da nebbie. I soldati vedono male, vedono poco, mille ombre li ingannano, e mille ufficiali e sottufficiali li spingono a non vedere o a non capire anche quello che a loro sembra chiaro. Nonostante questo, le grida sono necessarie e guai se si smettesse di scrutare e di dire quello che si è visto e capito. Ma un anno dopo, un po' di nebbia deve essersi diradata, una qualche luna a far luce deve essere sorta. Riconsideriamo tutto da capo, mettiamo in fila quel che è successo senza far commenti. Quel tanto di distanza deve permetterci di metter vicini i fatti davvero decisivi e anche di recuperare faccende minime, che però possono a un tratto sembrarci ricche di senso. Buttiamo via, invece, tutto quello che non ci porta da nessuna parte, le chiacchiere che non fanno più ridere nessuno. Quanto al fatto che l'abbiamo indovinata un sacco di volte, non per questo dobbiamo montarci la testa. E il modo di trarre auspici dalle viscere delle notizie, sarà un esercizio lasciato al lettore.
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