Il genio buono e il genio cattivo
Non sfuggirà al lettore di questa commedia la caratterizzazione fisiognomica dei due geni goldoniani: il Genio Cattivo è vestito di nero con barba e bacchetta, un 'sior barbon' come lo chiama Arlecchino, un 'vecchiaccio indegno' come lo definisce disperata Corallina, mentre il Genio Buono ci appare come 'un giovane inesperto, senza cognizione e senza esperienza', un 'giovinetto prudente' armato di verga e di retorica moralistica. Nel loro confronto di personaggi si affrontano la corruzione e l'integrità morale, la vecchiaia e la giovinezza, ma anche l'esperienza del mondo e la teorizzazione astratta del mondo. In mezzo a questo conflitto, due giovani sposi naifs, due contadini incolti, Arlecchino e Corallina, scelgono di conoscere il mondo, di 'usare' il mondo, abbandonando la sicurezza e la tranquillità della loro vita quotidiana, fatta di piccole cose: di fiori, di frutta, di "quattro oseletti" cacciati senza sforzo, di "piattanzine gustose" "condie dall'amor, dalla pase, dalla contentezza de cuor" per viaggiare magicamente nelle due grandi metropoli settecentesche, Parigi e Londra, e nel misterioso mondo esotico dell'impero turco. Questo 'locus amoenus' costruito dalla gentilezza della natura e dal 'labor' umano, protetto dalle selve circostanti, preserva nell'isolamento la felicità e la tranquillità dei personaggi; fuori, il mondo, cioè la città, il caos, la falsa bellezza, la gioia apparente, il rischio di perdersi, ma anche gli altri ed il palpitare intenso e vitale delle passioni.
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