L'uomo comune
Ancora una volta Pino Caruso indossa la maschera dello scrittore, e dal profondo della sua anima prende forma "L'uomo comune" che riesce con leggerezza a mettere in disordine tutti i nostri parametri di percezione perché non sempre le cose, a questo mondo, sono in accordo con i ragionamenti. Anzi, quasi mai. E' un uomo, il suo, come se ne incontrano tanti: né poco né molto colto, né poco né molto informato, un giusto mezzo, un anonimo. Oggettivamente vivo, soggettivamente inesistente, sempre dentro le regole, mai fuori dalle formule. Si fa fatica a parlare di un uomo così, non è facile, si corre il rischio di non stargli dietro, di perderlo di vista, di trovarsi a raccontare la storia del suo vicino di casa o, peggio, di un suo lontano parente, perché anche se fosse un altro non cambierebbe nulla. Infatti, prendendo in giro e prendendosi in giro, sostiene che "l'ideale sarebbe non scrivere nulla. Ma se proprio non se ne può fare a meno, il ripiego migliore è scrivere di nulla. Anche se non è facile come non scrivere nulla. Le persone che non scrivono nulla sono milioni, mentre quelle capaci di scrivere di nulla non esistono: per quanto si sforzino, finiscono sempre con lo scrivere di qualcosa. Detto questo, rimane da sapere se questo benedetto nulla esiste o non esiste (anzi, adesso che ci penso, è la prima cosa da stabilire)". Caruso ci porta per mano a conoscere il suo mondo, fatto di gioco, di malinconia, di tenerezza, ma anche di irridente follia.
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