Con romana volontà. Quando eravamo una maschia gioventù
Nella primavera del 1942 un ragazzo di diciassette anni aspetta che da un momento all'altro il Duce sfili ad Alessandria d'Egitto sul suo cavallo bianco, brandendo la spada dell'Islam, mentre i camerati germanici scenderanno dai Campi petroliferi del Caucaso stringendo il nemico in una morsa mortale. Ma pur non dubitando sull'immancabile vittoria, non c'è gran che di marziale in una Venezia affamata e plebea che conta duecentomila abitanti, tre volte quelli attuali. Dopo la sfilata in piazza San Marco, con il passo romano di parata ripreso dal passo dell'oca tedesco, si va al biliardo o al casino, si fanno e ricevono scherzi, si invidia un tal Gimmi che è sempre pieno di soldi perché ha donne che lo mantengono. A scuola si scopre che il Re, volendo, potrebbe licenziare il Duce: ma è chiaro che non accadrà mai. Si cantano gli inni sulla maschia gioventù, ma facendo la mossa. Con la Biennale arriveranno i Settembrini, che praticano i cessi pubblici ma aiutano il turismo. Si va alla scuola di mistica fascista, perché chi non mistica non mastica: peccato che per metà siano comunisti. Il padre del Narratore sta disegnando un idroscivolante, oggi si direbbe aliscafo, che servirà a distruggere la flotta inglese. Poi sul giornale si leggono i nomi di luoghi dal suono sinistro, Stalingrado, El Alamein...Giorgio Vecchiato offre un ritratto picaresco e sboccato della Venezia in camicia nera mescolando qua e là le situazioni ma senza mai tradirne il fondo di verità.
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