La pena di morte nel mondo. Rapporto 2002
Il 2001 ha confermato l'evoluzione verso l'abolizione della pena di morte in corso ormai da dieci anni. Ad oggi, la stragrande maggioranza dei paesi nel mondo vi ha rinunciato, eppure il numero delle esecuzioni aumenta di anno in anno. Nel 2001, sono state effettuate in 34 paesi almeno 4.693 esecuzioni, il 98,2% delle quali sono avvenute in regimi dittatoriali, assolutisti o illiberali. Un paese solo, la Cina, ha compiuto almeno 3.500 esecuzioni, il 74,5% del totale. Venti paesi musulmani hanno effettuato almeno 864 esecuzioni: lapidazioni, impiccagioni, decapitazioni e fucilazioni, molte delle quali ordinate da tribunali islamici in base alla Sharia. Anche qui, il problema non è il Corano, ma l'uso che regimi fondamentalisti ne fanno per fini politici e per impedire qualsiasi processo democratico. La pena di morte nel mondo ha due facce: una sotto i riflettori, l'altra nascosta. Molto spesso, per i media e anche per gli abolizionisti, esiste solo la prima: la pena di morte negli Stati Uniti. Della seconda, quella nei paesi totalitari e autoritari, che sono anche l'81% dei mantenitori della pena di morte, non parla nessuno, anche se noi sappiamo che la soluzione definitiva del problema sta proprio in questi paesi e, prima che la pena di morte, riguarda la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani. L'obiettivo di Nessuno tocchi Caino è che l'Unione Europea presenti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, entro il 2003, una proposta di moratoria delle esecuzioni. La moratoria è la via per dare voce, speranza, dignità di condannati a morte non solo a quelli americani ma anche agli innominati, i disperati, gli 'infami' della pena di morte: i detenuti nei bracci della morte cinesi, iracheni, palestinesi, cubani...
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