Il paese ritrovato. Ritorno ai Ronchi
Dopo il fortunato "Venezia. La città ritrovata", Paolo Barbaro torna a raccontare i luoghi dell'anima e della memoria, recuperando i gesti e le parole con attenta e affettuosa fedeltà, disegnando un magico inventario di quanto non c'è più. Il protagonista che ripercorre lo Stradone dei Ronchi trova uomini e cose profondamente mutati. Le immagini familiari, le 'sue' immagini quelle che hanno formato la sua identità, gli appaiono come lampi, come miraggi: svaniscono nel momento in cui cerca di catturarle e fissarle. Non appena si avvicina a un luogo con l'attesa del riconoscimento, questo sparisce, sostituito da un altro. Il paese è cambiato, "cambia tutto, senza sosta, tutto", irriconoscibile; di ciò che era un tempo si intuiscono soltanto le forme: misurando un salto cronologico "che fa scomparire le cose dall'anima", il protagonista cerca una direzione, un punto fermo che possa sostenerlo e dare un sollievo a quel dolore sotterraneo, all'angoscia di un paese perduto, la solitudine, la paura di perdere la strada in mezzo a tante frecce che indicano molte direzioni senza darne veramente nessuna.
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