Macchie rosse
Agosto 1984. Un'estate abbastanza vicina per ricordarla, abbastanza lontana per rimpiangerla. Ma i protagonisti di "Macchie rosse" che ne sanno di ricordi e rimpianti, mentre scoprono i primi videoregistratori e invocano un telefono senza fili da portarsi in giro? Loro la 'vivono', l'estate del 1984. Sono al Lido di Spina, una località di villeggiatura sulla costa emiliana dove hanno passato insieme ogni loro vacanza, dalla nascita a oggi - oggi che hanno diciotto, diciannove, vent'anni. Titi, la caustica e indomabile narratrice; Ale, "così bello e precario"; Luca, con quel sorriso stentato, "come se sorridesse suo malgrado"; Fizz, trentenne angloindiano, che morde il presente per digerire il passato; e Morgana, e Bebe, e Daria, e tutti gli altri - tutti si accingono a passare insieme anche questa, di vacanza. Convinti che sarà identica alle altre, che ogni giorno sarà identico agli altri: la spiaggia del bagno La Bussola, la piscina del residence Il Campiello, la gelateria Roof Garden, l'ozio, l'afa, le zanzare... Ma l'agosto del 1984 si rivelerà diverso. Basta una sola casualità, una sola deviazione dalla routine estiva, perché gli scheletri escano dall'armadio: e in un finale a sorpresa, ognuno dovrà confrontarsi con la faccia sconosciuta dei suoi compagni - e di se stesso. Terzo libro di Alessandra Montrucchio, "Macchie rosse" non è soltanto il ritratto, o la memoria, della generazione che oggi ha fra i trenta e i quaranta anni. E' anche, e forse soprattutto, un libro sull'imperativo di crescere - un canto, un po' irriverente, un po' amaro, alla fine della giovinezza.
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