La dotta lira. Ovidio e la musica
La dotta lira. Ovidio e la musica: Ovidio morì duemila anni fa relegato da Augusto sul Mar Nero. Non riuscì mai a comprenderne il perché. Forse Le Metamorfosi, il suo poema, spaventarono il principe: ispirato com'è all'idea, modernissima, che nulla nell'universo è stabile, ma tutto dall'eternità muta e muterà. La materia incessantemente si trasforma e non finisce mai. Gli dèi divengono uomini, gli uomini dèi, oppure animali, piante, aria. Il poema è insieme il più grande racconto del mito, di tutti i miti, che la letteratura abbia mai tentato. Per migliaia di versi le favole trapassano l'una nell'altra grazie all'altissima arte del cantore di Sulmona. Egli narra con l'ingenuità dell'animo antico e insieme con la sottigliezza psicologica del disincanto. Nessun poeta, nemmeno Omero e Virgilio, ha tanto ispirato la pittura e la scultura. Ma la dotta lira (Ovidio è anche poeta filosofo) ha creato musica, dal Rinascimento ai giorni nostri, più di ogni altra voce poetica. Il teatro musicale nasce nel nome di Ovidio, e nei secoli Opere, Cantate, Sinfonie e Concerti traggono alimento dalla sua poesia; poi, dai grandi ritratti di donne abbandonate presenti nelle Metamorfosi e, con i loro Lamenti, nelle Eroidi; dalle favole del calendario pagano nel poema dei Fasti. Dafne, Orfeo, Arianna, Medea, Ercole, Fetonte, ogni volta rinascono in note.
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