Romanzo popolare. Narrazione, pubblico e storie del cinema italiano negli anni duemila
La storia che racconteremo si ambienta in Italia e comincia all'incirca nel 2000. Sono gli anni di L'ultimo bacio e L'uomo in più, L'imbalsamatore e Respiro, I cento passi e Le fate ignoranti. Anni in cui si afferma una nuova generazione di registi che di lì a poco renderà il cinema italiano di nuovo esportabile. Ma il 2000 è anche l'anno in cui il Grande Fratello televisivo spazza via ogni residua distanza tra soggetto e oggetto dello sguardo, tra pubblico e privato, e prefigura la "registrazione continua" della vita resa oggi possibile dai vari Google Glass e Lifelogging camera; iniziano in quel periodo a diffondersi gli smartphone, nascono iTunes e Wikipedia (e poi YouTube, Facebook e gli altri social network), sull'onda del nuovo valore-diktat della condivisione: "to share", "condividere", ma lo share è anche la misura monetizzabile su cui si fondano tutti i broadcaster del mondo. In questo scenario che corre velocissimo sui binari di una rivoluzione morale, tecnologica e della visione che sono ancora in atto, qual è il ruolo del cinema? Che posto ha la settima novecentesca arte nel mondo contemporaneo? E poi: il cinema è ancora un'arte popolare? E in grado di raccontare storie per tutti, come un tempo facevano il teatro, il melodramma cantato, il romanzo d'appendice, il fotoromanzo?