Le avventure della luna. Leopardi, Calvino e il fantastico italiano
Il fantastico italiano ha un padre imprevisto: Giacomo Leopardi. Lo sosteneva Italo Calvino, indicando "in quel frammento poetico che descrive un sogno in cui la luna si stacca dal cielo" un seme destinato a germogliare soltanto nel Novecento, quando la nostra letteratura si riconosce finalmente nell'"eredità di Leopardi", cioè in una "limpidezza di sguardo disincantata, amara, ironica". Nella prima parte di questo libro le idee e le opere di Calvino, in particolare alcune delle "Cosmicomiche", sono indagate in un serrato confronto col modello leopardiano e con un reticolo di letture dove si intrecciano le favole di Ovidio e la scienza moderna, la teoria del mito del maestro einaudiano Cesare Pavese e le invenzioni surreali della scena letteraria francese. Dopo un intermezzo dedicato a due "Canti" emblematici del rapporto con il mondo animato degli antichi (la canzone Alla Primavera e, appunto, il frammento Odi, Melisso), la seconda parte prova a seguire, alle spalle di Calvino, altri momenti di una linea leopardiana della narrativa italiana del Novecento. Tenendo sempre di mira i miti lunari (innanzitutto l'immagine della luna staccata dal cielo, il cui influsso arriva fino all'ultimo film di Federico Fellini), l'indagine attraversa l'opera e la riflessione di Tommaso Landolfi per chiudersi sulle pagine di Antonio Delfini, autore di quel "Ricordo della Basca" che, come La pietra lunare di Landolfi, sembra voler rendere omaggio a Leopardi.
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