Simulacri e ombre nel divenire dell'ente. Danza Macabra e finità
"Recuperare o trattenere la vita, non ci è dato, per questo si rende auspicabile viverla dignitosamente. Immutabile ed incorruttibile, la morte si pone al di là delle variabili del mondo, al di fuori delle relazioni tra gli enti, dove è sancita la sua immobilità, la sua immutabilità e la sua permanenza eterna. Il suo primato non è solo l'imperiosa definizione egualitaria degli uomini, ma anche la sua definizione come punto limite, determinato e mai oltrepassato. È l'esercizio di ogni istante, scaturigine di ogni vita, la morte, l'unico dato conforme ad ogni esistenza, elemento essenziale che certifica l'identità tra l'individuo e l'universale, il genere. Da qui si dovrebbe partire per ritrovare le ragioni di un vivere la realtà nella coscienza che vivere è già di per sé una fortuna, anche se ciò non basta a fare di ogni esistenza una fortunata condizione d'esistere. È l'autenticità che ci consente di raggiungere una piena e serena visione del nostro essere e del mondo. Se per puro caso ci siamo ritrovati a vivere, dovremmo essere consapevoli che lo saremo per poco, e non ci sarà una seconda volta. Riconoscere il passato come possibilità di miglioramento, vivere il presente come dialettica necessaria ed utile, soprattutto vivere consapevolmente l'adesso, liberandosi dalle catene dell'ideologia, ecco ciò che consente di affrontare la finità con serenità."
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