Santiago. La fuerza del camino
"C'è chi intraprende 'El Camino de Santiago' per motivi religiosi, spirituali o culturali. Per un voto o per incontrare chissà chi o cosa. 'Ma io perché?', continuavo a chiedermi. Possibile solo per il mio mestiere di fotoreporter? O che altro? Non riuscivo e ancor oggi non riesco a darmene una spiegazione". Così s'interrogava l'Autore a proposito del Cammino più famoso del mondo: quello che conduce a Santiago de Compostela, nell'estremo Nord-Ovest della Spagna. 802 chilometri a piedi in 31 giorni, varcando i Pirenei, cercando di venire a patti con i dolori alla schiena e ai piedi, resistendo all'assalto delle mosche cavalline nonché a quello ben più poderoso di un toro che si aggira libero per i dolci declivi della Rioja. E pure a quello - verbale - di un gruppo di "teutonici" che ce l'ha con italiani, spagnoli ed europei dell'Est... "Anche questo è il Camino", commenta Pomara. Ma c'è sicuramente di più. Man mano che procede, il Camino si rivela una metafora della vita: specchio di limiti e debolezze, ma anche di forza e tenacia; luogo di incontri e confronti con le lacune proprie e altrui. La necessità di rinunciare alle cose inutili che appesantiscono il cammino - e la vita - mette in contatto con l'essenziale, con il nucleo profondo del proprio essere. Ed è forse proprio questa "rivelazione interiore" a far dire a Pomara, una volta raggiunta Santiago: "Il mio Cammino è solo all'inizio".
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