Paese perduto

Paese perduto

Due fratelli, che abitano in città, possiedono in un cascinale isolato una casa di famiglia. Uno dei due ha appena ereditato da un cugino che viveva come un selvaggio nella propria fattoria. Al loro arrivo, vengono a sapere della morte di una ragazza del paese. Gli ossequi hanno luogo l'indomani. Come nelle antiche tragedie, l'azione si svolge nell'arco di due giornate invernali, nel cuore di montagne deserte. Gli dei che la reggono sono al tempo stesso grotteschi e terrificanti. Si chiamano Alcol, Inverno, Solitudine. Questi non impediscono, però, che i loro sudditi diano prova di vera grandezza. Ciò che viene seppellito, in questo romanzo di impronta autobiografica, sono gli ultimi contadini. E anche la bellezza, di cui non si riesce mai a elaborare il lutto. Tra la vita e la morte, il vissuto e la mancanza, il ricordo e l'oblio.
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Recensione del libro fornita da lottavo.it

Di Geraldine Meyer

Un’umanità, un gruppo di persone fatte della stessa materia di cui è fatto questo luogo in cui gli dei sembrano avere scritto una tessitura fatta di violenza e deformità, gesti arcaici e leggende. In cui sangue e merda appaiono come i fili che tengono insieme le storie, le voci che si perdono nelle valli, la solitudine, un tempo che scorre immobile, sempre identico. Una società patriarcale in cui sono le roncole a tagliare carni e legami, fucili a stabilire confini, attrezzi ...

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