Cosmica, intima commedia
Dopo sette secoli, la Commedia dantesca merita una risposta. La meritano la sua obsoleta filosofia tomista, la sua indegna politica teocentrica che, riciclata da imperatori e papi, dittature e presunte democrazie, ha perpetrato e continua a perpetrare inenarrabili atrocità , il raffinato sadismo delle pene imposte a chiunque nella vita abbia cercato la realizzazione e la gioia. Il tutto riscattato da una poesia che è talvolta sublime e talaltra didascalica e noiosa, ma soprattutto dall’incantato stupore per le dimensioni dell’opera, vasta e conchiusa come il cosmo che rappresenta, e dalla fedeltà a una gabbia metrica intransigente come il suo contrappasso. Bencivenga accetta la sfida. Non è il poeta che era Dante, ma le dimensioni sono le stesse e la gabbia metrica è rispettata. Entro questa struttura, circola il racconto di un cosmo sempre da farsi, sempre sul punto di esplodere di fronte a nuove minacce; viene stigmatizzato un vizio che inscena le mille forme dell’usura e dell’ignavia; esaltata una virtù che coincide con il coraggio del quotidiano; descritta una giustizia che esula dalla vendetta e si prende cura delle vittime. Il purgatorio viene identificato come l’irredimibile destino per uomini e donne di buona volontà , illuminato da bagliori infernali e miraggi paradisiaci. E vengono esposte l’ipocrisia, l’avidità e la menzogna delle religioni istituzionalizzate, ulteriore e orrenda forma di usura, e recuperato l’autentico eroe del Vangelo: quel Giuseppe che la Commedia dantesca mai nemmeno nomina. Nel compiere la sua operazione, Bencivenga guarda ammirato alle sue fonti ispiratrici: Bruno, Campanella, Vanini. E riflette che per il momento, in questa parte del mondo, non è tempo di roghi. Quanto durerà ?