Gli anni incompiuti
Proposto al Premio Strega 2020 da Alessandro Perissinotto. Un romanzo su un’intera generazione che è anche uno spaccato della società italiana e degli eventi storico-politici che vanno dagli anni ’80 a oggi; la storia di due vite che a volte si intrecciano e a volte corrono parallele, nella cornice della Maremma Toscana, tra i vicoli di Siena e l’immortalità di Roma. È l’amicizia. Quel legame che esiste dal giorno in cui si sono visti. È l’amore mentale. Imprescindibile, perché la loro vita li ha resi troppo simili. È l’amore fisico. Irrealizzabile, perché la natura li ha resi inevitabilmente diversi. Marco e Aurora si incontrano per la prima volta il giorno del loro ottavo compleanno. Lei sfoggia un grande sorriso, in testa ha un cerchietto rosso con una farfalla argentata, mentre lui è timido e chiuso nel suo cappotto largo e marrone. I due si parlano appena e sono convinti di non avere nulla in comune se non quella scomoda data di nascita, un compleanno che deve essere festeggiato “più degli altri”, perché il 29 febbraio esiste solo ogni quattro anni. Sarà il giorno che segna l’inizio di un legame indissolubile. Aurora e Marco crescono insieme e, giorno dopo giorno, diventano inseparabili. Gli anni passano e mentre Aurora sente che il loro rapporto si sta trasformando in qualcosa di più profondo, Marco, pur ricambiando i sentimenti, nasconde un segreto che non riesce a rivelare: prova attrazione anche per il suo stesso sesso. Gli anni incompiuti è la storia di una grande amicizia e del confine, indefinibile, che c’è tra questa e l’amore. Un racconto che parla della conoscenza di se stessi, della difficoltà di crescere, della paura di diventare adulti, di invecchiare, di rimanere soli. Parla della sessualità troppo spesso chiusa in schemi rigidi che la società impone e che, inevitabilmente, si spezzano di fronte ai veri sentimenti. Narra dell’antitesi tra amore fisico e mentale. Proposto al Premio Strega 2020 da Alessandro Perissinotto: «Se la vicenda di questo libro fosse ambientata ai nostri giorni, forse (ma sottolineo "forse") questa storia non avrebbe ragione di essere scritta, se gli "anni" citati nel titolo fossero i nostri anni stabilmente ancorati al terzo millennio, forse quegli stessi anni non sarebbero "incompiuti", se i due protagonisti del libro fossero i ragazzi che vedo ogni giorno in università, sicuramente non proporrei alla giuria del più importante premio letterario italiano la candidatura di questo romanzo che, in fondo, non contiene altro che una semplice storia d'amore impossibile, una delle tante. Ma sono gli anni, è il periodo ad obbligarci a guardare con attenzione alla vicenda di Marco e di Aurora, alla loro formazione, all'amore totale di lei per lui e a quello incerto, dubbioso di lui per lei. Già, perché Marco, pur avvertendo la forza di ciò che lo lega ad Aurora, sente che il suo desiderio, quello che oltre al cervello e al cuore coinvolge anche il corpo, si muove in un'altra direzione, è agitato dalle forme degli uomini. Ed eccola la banalità in agguato, una banalità che sarebbe tale oggi e che forse, pur con qualche sapore di scandalo, sarebbe stata tale anche ai tempi di Paul Verlaine o di Oscar Wilde; ma negli anni Ottanta no, negli anni incompiuti no. Gli anni Ottanta, quelli nei quali è ambientato il romanzo, sono anni di passaggio anche per il concetto di omosessualità, sono la transizione tra uno stigma sociale che va indebolendosi e un riconoscimento del diritto ad amare che ancora tarda a concretizzarsi. La storia di Marco e Aurora, pur non cessando di essere una tra le tante e una come tante, ci costringe a guardare a quel magma apparentemente informe che sono gli anni '80, così diversi dagli entusiastici anni '60, o dai cupi '70, ci obbliga a guardare con il gusto della riscoperta a un periodo nel quale, almeno fino alla caduta del muro di Berlino, sembra non sia accaduto nulla e invece... Gli anni incompiuti di Francesco Falconi è fatto di semplicità, di linguaggio immediato, ma anche qui l'occhio attento saprà cogliere, sotto la superficie di un testo che pare quasi pensato per un pubblico giovanile, la cura di una scrittura mimetica, aderente alla fisionomia dei personaggi e, proprio per questo, mai banale.»