Contro i manichei
Il "Contro i manichei" del patriarca Fozio di Costantinopoli, forse una delle personalità più note del Millennio bizantino, si presenta come un testo di stretta attualità per il suo autore, nonostante un titolo che potrebbe rimandare a quelli più noti della polemica anti-manichea dei secoli IV-V. Sotto l'etichetta di manichei, infatti, secondo una prassi comune alla letteratura eresiologica bizantina, si celava in genere l'eretico: in questo caso essa si riferisce a un movimento religioso considerato dall'autore erede diretto del messaggio di Mani in quanto caratterizzato da un dualismo all'apparenza radicale: il paulicianesimo. Nel corso del IX secolo, complice l'infuriare della querelle iconoclasta, i pauliciani erano diventati una presenza costante e registrata dalle fonti storiografiche e agiografiche bizantine, non solo nelle province dell'Impero ma nella stessa Co-stantinopoli, dove spesso prestavano servizio alla corte degli imperatori iconoclasti. La loro capacità organizzativa, l'aspirazione al rinnovamento spirituale e il rifiuto della gerarchia ecclesiastica ufficiale avrebbero costituito per Fozio e i suoi contemporanei alcuni dei motivi principali, insieme all'inconciliabilità con la teologia bizantina, per contribuire alla denuncia del paulicianesimo. Il trattato di Fozio risponde a questa ineludibile necessità e lo fa utilizzando le armi a lui più congeniali della confutazione teologica e dell'esegesi scritturistica.
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