Non voglio imparare a vivere
Ginevra aveva una valanga di emozioni che riversava nei suoi occhi, nei suoi atteggiamenti. Mai avrebbe patteggiato un'esistenza priva di spessore, legata a miseri infingimenti e a condizionamenti di ogni sorta. I ruoli imposti che la società reclama le erano invisi, non voleva imparare a vivere secondo gli schemi ordinati, seguendo i dettami di una società falsa e intrigante; piuttosto avrebbe seguito i suoi impeti e i suoi slanci riversandoli sull'amore per le piccole cose, sugli animali, che lei adorava oltre misura, sulla letteratura, sua compagna di solitudine e di silenzi. Il silenzio di cui si circondava a volte era assordante, invadeva la sua mente e la inglobava nella spirale delle sue angosce. Lei era un essere complicato, ma aveva il mare dentro: l'impeto delle onde che si infrangono nelle coste rocciose e scabre della Cornovaglia. Conosceva perfettamente quella sensazione di abbattimento che provano le onde nel riversarsi affrante sulla roccia, per poi ripartire con forza rinnovata per riprovarci, per ritentare un nuovo cammino. Molte volte aveva ricominciato la sua esistenza, aveva raccolto le emozioni rimaste e le aveva incollate nel suo cuore per non farle andare via, ed era rimasta lì anche quando forse avrebbe voluto fuggire, aveva raccolto le ceneri ma non le aveva disperse al vento: le avrebbe perse, e non voleva. Voleva imparare a vivere guardando il volto dell'ineluttabilità delle cose, avvertire le emozioni e relazionarsi con la sua onestà intellettuale.
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