Sono solo parole

Sono solo parole

Un uomo si muove in una città fibrillante che non rispecchia le esigenze del suo animo, tra corpi automatizzati da consuetudini sociali da cui lui vorrebbe estraniarsi. Lo ossessiona e lo spaventa apparire in maniera diversa da come è; rielaborare parole, concezioni e situazioni altrui; rientrare in ruoli standardizzati e predeterminati. Desidera essere ciò che la sua memoria vorrebbe ricordare. Ma si sta spegnendo e la sua mente non fa che spronarlo, spesso contrastandolo: lui non vuole agire come tutti, non vuole più giudicare o accettare ingiustizie, non vuole continuare a mettere sotto esame ogni dettaglio arrovellandosi il cervello, a inventare comode scuse per non affrontare se stesso e la sua vita. A tratti gli capita di trovarsi in luoghi più o meno conosciuti senza avere memoria del percorso intrapreso per raggiungerli, rifuggendo da pensieri spossanti e sogni tumultuosi. I sensi di colpa si muovono con lui e avverte sempre l'esigenza di chiedere scusa. Continua a girare in tondo come inghiottito da un'enorme spirale, senza trovare il coraggio di vivere e condividere. Un giorno entra in un parco mai notato prima, simile a lui per l'indifferenza a cui sembra destinato, e fa un incontro toccante con un vecchietto che lo invita a prendersi una tregua dalle angosce: nessuno è il centro del mondo, siamo tutti scintilla di energia all'interno di una esplosione nucleare. Dopo l'ennesima notte tormentata, l'uomo prende la decisione di lasciare quella comoda prigione che è il suo ufficio e confidare nella fuga e nel cambiamento, raggiungendo per qualche giorno una località sul mare. Il suo inconscio lo guida mentre percorre alcuni passi tra nostalgici ricordi del passato e altri passi in una direzione ancora sconosciuta, verso nuove situazioni e nuovi incontri.
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