La spagnola, madre di pandemie

La spagnola, madre di pandemie

"Quando, fra fine febbraio e inizi marzo 2020, il coronavirus ha cominciato ad invadere i paesi europei, in primis l'Italia, avevo appena finito di vagabondare fra gli archivi di Stato, dopo due anni di ricerca sulla Grande Guerra. Fra la grande quantità di materiale documentario accumulato, mi ritrovavo quello relativo alla spagnola. La sottovalutazione diffusa di fronte alle prime avvisaglie della nuova pandemia e lo scetticismo suscitato dalle misure governative per il Coronavirus, seguite dal lockdown, mi persuasero ad abbandonare la stesura già avanzata del lavoro per dedicarmi a tempo pieno all'altra pandemia che colpì l'Italia nel 1918, con punte massime di mortalità e di letalità fra il settembre e l'ottobre. Intravvedevo che un copione stava per riproporsi: il capro espiatorio (un paese straniero esportatore di infezione); produrre ad ogni costo per la guerra e l'economia di guerra e un secolo fa, e per il profitto senza lacci e lacciuoli oggi; le spinte corporative provenienti dalla società civile, la polverizzazione politica dei centri decisionali e la relativa contraddittorietà ed inefficacia delle misure di rilevazione e di isolamento; il difficile rapporto fra scienza e potere politico sino all'autismo; la rimozione della tragedia sanitaria e sociale in atto sino al negazionismo; la crescita della disuguaglianza sociale e territoriale; il contagio e la letalità selettivi per classi sociali e classi di età; il rifiuto di misure di isolamento, sino alle rivolte, a fronte di un governo e di uno Stato non legittimato; censure sulle cifre dei morti e degli infettati; il dramma della morte in solitudine e in fosse comuni, e il lutto non condivisibile."
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