Dieci metri di poesia
«Potremmo parlare di un diario - quasi un memoriale di ottocentesca memoria - che però non si accontenta di essere una raccolta di fatti e sensazioni ma li reinterpreta, li vive una seconda volta, li amplia di significato nel loro tentativo di parlarci del vero sotto-testo. Potremmo soffermarci su quelli che al lettore potrebbero sembrare ritagli di eventi accaduti, ma sarebbe un'interpretazione parziale, poiché a parlarci, in questa raccolta, è tutto: gli spazi, i silenzi, l'assenza di punteggiatura, le ripetizioni. Sentiamo piuttosto vivo un flusso di coscienza poetico, per rileggere Joyce, ossia uno scorrere delle parole sì come pensiero, ma soprattutto come reinterpretazione poetica, poiché, come si nota spesso, serve lo schermo di una metafora o simbolo per comprendere a pieno (ed accettare) un messaggio che potrebbe essere troppo crudo.» (dalla Prefazione)
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