Le notti sembravano di luna
Caterina Guerra è solo una bambina, vive in una piccola città della pianura, vicino a un fiume che ama, e ha un sogno: diventare un ciclista, come i campioni del Giro. Ma lei non sa, o preferisce ignorare, che per le donne in quel periodo, gli anni del boom, è quasi impossibile diventare ciclisti. Caterina ama la sua città, che vede come un palazzo principesco: i viali sono lunghi corridoi, le piazze enormi anticamere, le case altrettante stanze. Certo, non tutto è perfetto. Per esempio l'appartamento in cui abita, angusto e periferico rispetto alle sue fantasie, però aperto su cortili, orti e strade che portano al fiume e che sono le sue vie di fuga. E, di fronte alla casa, la fabbrica, dove suo padre lavora come caporeparto: un lavoro di cui è orgoglioso ma che non lo rallegra, come la vita familiare, e di cui la sera si sfoga in un modo strano e fantasioso. E c'è la madre: bella, inquieta, ambiziosa, eccessiva in tutto e a volte violenta, che si avvicina e si allontana come uno squalo. E poi, uno strano fatto: il modo con cui il padre la osserva: tutti dicono che si somigliano come gocce d'acqua, ma lui pare l'unico a metterlo in dubbio. Fino a quel 1964, quando Caterina si trasferisce in una nuova casa più grande e quel mondo, prodigioso e terribile come ogni infanzia, bruscamente si interrompe...