Morire di democrazia. Tra derive autoritarie e populismo
Che quasi tutte le maggiori democrazie rappresentative siano oggi in crisi è ormai evidente. Negli ultimi anni i costi della politica sono esplosi: negli Stati Uniti le lobby economiche decidono il vincitore delle campagne elettorali e in Italia è recentemente scoppiato lo scandalo dei rimborsi ai partiti. La globalizzazione dell'economia e della finanza ha ridotto la sovranità degli Stati nazionali e i politici non sono più in grado di mantenere le promesse fatte prima delle elezioni. Le nuove tecnologie hanno imposto ai politici nuovi codici di comportamento, in cui l'immagine è diventata un elemento indispensabile per raggiungere il potere, spesso a scapito di un'etica del servizio pubblico. Il discredito della politica ha prodotto un'invasiva presenza della magistratura nella vita pubblica, erodendo le paratie, sia pure imperfette, che separavano il potere giudiziario da quello legislativo ed esecutivo. All'insegna del promettere senza poter mantenere, sono cambiati anche i rapporti fra democrazia e politica estera e una buona dose di ipocrisia accomuna gli interventi militari, e "umanitari", e i successivi accordi di pace. La crisi odierna della democrazia ricorda quella della vigilia della Grande guerra, che sfociò poi nella nascita degli Stati autoritari e totalitari. Ma oggi le democrazie rappresentative riusciranno a resistere e a non cedere a derive autoritarie o populiste?
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