Krakatoa
Indonesia, estate 1883. All'estremità meridionale dello stretto della Sonda, fra Giava e Sumatra, lungo le importanti rotte commerciali che collegano i porti europei ai mercati di spezie delle Indie Orientali, c'è una piccola isola dal nome pressoché sconosciuto. Da alcune settimane il vulcano che la sovrasta è al centro dell'attenzione dei coloni olandesi stanziati in zona, infastiditi, più che preoccupati, dai colpi di tosse, dai brontolii e dai tremori che manifestano la sua irrequietezza. Sebbene le credenze popolari dei nativi, che identificano il vulcano con il temibile dio Orang Alijeh, non vedano niente di buono in quei fenomeni, sono in pochi a riflettere davvero sul loro significato. Poi, la catastrofe. È passato poco più di un secolo dai terribili avvenimenti del 27 agosto 1883, e il nome esotico e musicale dell'isola che ne fu teatro, Krakatoa, è diventato simbolo di morte, orrore, violenza inaudita delle forze naturali. Non potrebbe essere diversamente, poiché l'esplosione di quel vulcano scosse il mondo intero in senso letterale, oltre che metaforico. Le conseguenze immediate furono a dir poco spaventose: due terzi dell'isola disintegrati in un boato inverosimile, percepito a 5000 chilometri di distanza; un'onda d'urto che fece 7 volte il giro del pianeta; 36.000 vittime, quasi tutte dovute alla brutalità dello tsunami seguito alla deflagrazione; una massa incredibile di polveri e ceneri vulcaniche sospese nel cielo che, se provocarono spettacolari tramonti immortalati dai pittori in ogni parte del globo, fecero sentire la loro infausta presenza sul clima con danni incalcolabili all'economia mondiale. Oggi l'identità di Orang Alijeh, emergendo dall'oscurità del mito e della superstizione, ha assunto i contorni geologicamente più plausibili, ma non per questo meno minacciosi, della tettonica a zolle, con cui siamo in grado di spiegare i fenomeni vulcanici. Ma nel libro di Winchester la luce della scienza, se possibile, mette ancora più in risalto il fascino e la fatale bellezza di un vulcano che, caparbio, si rifiuta di morire: l'Anak Krakatoa, il figlio del disastro, è a tutt'oggi attivo e in futuro tornerà sicuramente a colpire, eterno protagonista di una vicenda tragica ma paradigmatica della forza con cui la vita, a dispetto di tutto, continua a tessere la sua splendida tela. Una forza che nemmeno il vulcano più conosciuto al mondo potrà riuscire a domare.
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