Una vita in asta
"Tutto cominciò con Gian Marco Manusardi. Era figlio di un banchiere..." I ricordi di Casimiro Porro, presidente di Finarte, la più nota e importante casa d'aste italiana, prendono avvio da questa frase, che è un omaggio e, insieme, una nostalgia. Manusardi, che fu anche un appassionato collezionista, intuì le potenzialità finanziarie del mercato dell'arte e il 16 aprile 1959 firmò l'atto costitutivo di Finarte. Da quel giorno di quarant'anni fa, che rappresentò per l'Italia una piccola rivoluzione, quadri, sculture, mercanti, storici dell'arte e collezionisti hanno costituito l'universo della vita professionale di Porro. Nel colloquio con Paolo Vagheggi, seguendo il filo della memoria, egli ricorda i primi successi, le mostre e le aste storiche, lo scontro con le rigidità e le lentezze delle istituzioni, ma anche l'entusiasmo con cui venne avviata quest'avventura molto milanese; rievoca, con un affetto che va al di là del mestiere, le figure dei grandi consulenti - da Giovanni Testori a Carlo Volpe, da Giuliano Briganti a Federico Zeri, per citarne solo alcuni -, il clima cordiale ed elettrizzante delle riunioni informali nella sede, le scoperte e le discussioni (talvolta accese, se non addirittura feroci) intorno a un'opera appena arrivata o acquistata da un antiquario. Ma lo sguardo di Porro è rivolto anche ai problemi del presente, alle nuove realtà di un mercato in continua evoluzione, penalizzato nel nostro Paese da una legislazione macchinosa sul piano della tutela del patrimonio e rigida su quello della circolazione delle opere: "occorrono strategie politiche di conservazione e arricchimento, occorre promuovere gli artisti, incentivare il collezionismo". E poiché il mercato è uno dei motori dell'arte, è necessario instaurare un clima di reciproca fiducia e collaborazione tra operatori e istituzioni. Con l'Europa e il nuovo millennio alle porte, trovare un giusto equilibrio nei rapporti è non soltanto un auspicio, ma un'esigenza che non può essere rimandata.
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