Le figlie di Hanna
Hanna, Johanna e Anna sono rispettivamente nonna, figlia e nipote. Ma il legame che le unisce è ben più forte di quello del sangue. E' un legame che si riassume in una semplice espressione, in un marchio a fuoco che racchiude un destino: "essere donna". Ecco perché, nonostante il passare del tempo (tra Hanna e Anna si srotola un filo lungo quasi cento anni), nonostante i profondi, e spesso convulsi, mutamenti sociali (il passaggio dalla durissima vita di campagna d'inizio secolo al "benessere" contemporaneo attraverso le lotte operaie, il dramma della guerra, il femminismo...), le tre donne si ritrovano a vivere una sorta di esperienza unica, modulata dalla determinazione (o dalla debolezza) degli uomini che stanno loro accanto, scandita dalle convenzioni sociali - così mutate dalla Storia eppure così immutabili -, sospesa tra improvvisi squarci di felicità e lunghi giorni di quieta disperazione. Poco importa dunque se lo sfondo contro cui si stagliano le vicende di questo romanzo sia il selvaggio Dalsland, terra ostile al confine tra Svezia e Norvegia, in cui la violenza sulle donne è quotidiana abitudine, o la Goteborg della prima metà del Novecento, mutevole panorama sconvolto da due guerre mondiali, eppure la Svezia d'oggi, in cui l'emancipazione sembra ormai una realtà acquisita: Johanna e Anna sono comunque, per natura o in spirito, 'figlie di Hanna', cioè di quella forza inalienabile, fatta di orgoglio e di dignità, che da sempre permette alle donne di sopravvivere in un mondo maschile... Un romanzo sull'amore. Un romanzo sulla verità. Un romanzo sull'indipendenza. "Le figlie di Hanna" è tutto questo, ma anche molto di più. E' soprattutto uno specchio in cui ogni donna potrà ritrovare un frammento di se stessa, un coro di voci femminili di volta in volta tenere o dolenti, disperate o allegre. E' la storia che ogni donna potrebbe scrivere e che Marianne Fredriksson ha scritto per tutte le donne e per chi le ama.